09/03/08

Il mondo in edizione Harmony(tm)

Il fatto è che tutto sommato è normale sentirsi speciali. Speciali nel senso di diversi, s'intende, è più una questione di categorie, ci sono i cani, i gatti, gli altri e ci sei tu; solo che mentre i cani restano cani ed i gatti gatti, tu per gli altri diventi gli altri mentre gli altri per sè restano diversi da te, probabilmente speciali per sè.
A peggiorare le cose ci si mette poi la vanità. Perchè se sei tanto speciale, in qualche modo lo dovrai pure tirare fuori; qualcuno forse la chiamerebbe autostima. Solo che farlo è più difficile di quanto sembri.
C'è chi si cerca un modello, un ideale, un'immagine. Si ripetono che è nei piccoli spazi di manovra che ci sono permessi che emerge il proprio io, ma alla lunga i più per stanchezza o sfiducia ne restano invischiati. Nella loro bulimia mandano tutto giù senza masticare. Mangiano Gould, e sputano "il pianista psicotico". Mangiano Van Gogh, e sputano "quel frocio pazzo che si è tagliato un orecchio". Mangiano Bukowski, e sputano "quell'ubriacone che beveva, scopava e non faceva un cazzo tutto il giorno" (beh...).
C'è anche chi prova con le rivoluzioni, prendendo di mira qualche cosa di abbastanza grande da abbattere, ed all'inizio di cose grandi che valga la pena abbattere ce ne sono. Man mano che abbattono però, le cose grandi cominciano a scarseggiare; allora rivolgono i loro picconi ai cocci più grossi che riescono a trovare e si abituano a chiamare rivoluzioni cose meno dignitose come abbattere delle macerie. Perchè in fondo deve essere una bella cosa, trovare se stessi nell'abbattere.
Il problema è che alla fine quelle che gli restano non sono nemmeno macerie, ma soltanto sabbia. Sabbia e aspettative.